Non ho mai avuto una seria attrazione di salire il Cervino. Il profilo della montagna è decisamente affascinante e gode di un’altissima fama, ma la nomea di roccia marcia, il lungo e complesso rientro ed i racconti di alcuni amici e delle loro lunghe (troppo lunghe…) giornate passate su questa montagna mi avevano sempre fatto desistere.
Ed è così che una domenica nel pieno del Ferragosto mi ritrovo imbottigliato in un mega incidente autostradale in prossimità di Sirmione. Destinazione, neanche a dirlo, il Cervino o Matterhorn che dir si voglia. Ah, la coerenza!
Il modulo di Alta Montagna dell’esame di passaggio da Aspirante Guida Alpina a Guida Alpina UIAGM – Maestro di Alpinismo si sta avvicinando e voglio arrivare ben allenato e con una bella salita sulle gambe. Sono d’accordo con Daniele di trovarci per fare una bella salita assieme ma non mi ricordo più come da questa idea generale sia saltata fuori proprio la cresta Furggen del Cervino.
Delle quattro creste che raggiungono la cima del Cervino (cresta del Furggen, cresta del Leone, cresta dell’Hornli-o Hörnli- e cresta di Zmutt), questa è sicuramente la più difficile. 1100 metri di dislivello positivo e difficoltà fino al V+ per una giornata full-immersion!
Da Cervinia al bivacco Bosi
Finalmente riesco a superare la zona dell’incidente e velocemente mi dirigo a Milano dove mi incontro con Daniele. Neanche dire che ho accumulato un bel po’ di ritardo! Raggiungiamo Cervinia dove, in men che non si dica, preparo lo zaino. Devo muovermi se non vogliamo che la funivia di Plan Maison chiuda! Dopo due orette di camminata raggiungiamo il bivacco Bossi che ormai è ora di cena, dove ci sono già altre quattro persone. Velocemente ci sistemiamo e cuciniamo il risotto. Grosse nuvole si ammassano attorno al Cervino e non ci permettono di vederlo completamente. Solo qualche scorcio tra le nuvole ci permette qualche veloce occhiata sulle sue impressionanti pareti: forse è meglio così…
La salita della cresta Furggen al Cervino per la diretta degli strapiombi
Alle 2 di mattina i nostri quattro compagni di bivacco si alzano. Inutile alzarci anche noi: il bivacco è troppo piccolo per tutti. Aspettiamo che partano, poi scendiamo anche noi dalle brande. Sono ormai le 3.40 quando chiudo dietro di me la porta del bivacco.
Dal bivacco ci vogliono pochi minuti per raggiungere l’attacco della cresta. Un camino bagnato di IV/IV+ ci dà la sveglia. Lo superiamo, guadagnando il filo della cresta. Qui il terreno si abbatte e cominciamo a risalire la cresta, senza via obbligata. Siamo ancora immersi nelle tenebre e non sappiamo bene dove andare, complice il fatto che la sera prima non siamo riusciti a dare uno sguardo alla parete a causa delle nuvole persistenti.
Cerchiamo di salire senza allontanarci troppo dalla cresta. Finalmente ci raggiungono anche i primi bagliori, che semplificano notevolmente l’orientamento.
Continuiamo a salire verso la spalla di Furggen, talvolta lungo bellissimi passaggi in cresta, esposti ma mai troppo difficili. Zigzagando per trovare le zone più facili e di roccia migliore prendiamo quota. Con il sole cominciano anche le scariche di sassi che però corrono abbastanza distanti dalla cresta. Raggiungiamo finalmente la spalla di Furggen con una traversata verso sinistra, sotto un continuo fischiare di sassi in caduta dalle pareti soprastanti.
Arriviamo ad una sosta a spit, ci assicuriamo e mangiamo qualcosa. Ammiriamo il panorama circostante, che è a dir poco favoloso. Qui comincia la parte più impegnativa, che ci porterà direttamente in vetta. Seguo prima una camino verso destra non troppo difficile e con un altro lungo tiro sempre verso destra arrivo sotto il tiro chiave.
Pochi metri a sinistra della sosta si alza un lungo diedro verticale, sporcato in alto da neve e ghiaccio. Con un delicato traverso raggiungo il diedro e comincio a risalirlo. La scalata è impegnativa ma piano piano salgo. Nella parte alta la neve ed il verglass complicano un pochino le cose ma per fortuna le difficoltà tecniche diminuiscono. Raggiungo infine la sosta: uno stretto ed esposto terrazzino proprio sul filo dello spigolo. Qui l’esposizione è garantita! Daniele mi raggiunge non senza difficoltà.
Riparto per il tiro successivo. Un breve strapiombo ben ammanigliato, un caminetto poco profondo e delle placche appoggiate mi portano in sosta. Daniele segue veloce.
Riparto per un altro tiro. Un traverso non molto lungo ma espostissimo, su roccia decisamente dubbia. Beh, guardiamo il lato positivo: le foto vengono molto bene! Velocemente arrivo alla sosta e Daniele mi segue. Manca solo un tiro impegnativo, di V+, poi terreno più facile ci porterà in cima.
Il morale è alle stelle: abbiamo superato questa parte decisamente veloci, viste le difficoltà. Galvanizzato dalla situazione, supero in breve il diedro strapiombante e arrivo in sosta. Anche Daniele è contento e velocemente mi raggiunge. Con un lungo tiro in obliquo a sinistra raggiungo una cresta, che seguiamo per un po’ di tiri. I passaggi non sono facilissimi (fino al IV+) ma qui la roccia diventa ottima e ci fa godere appieno la scalata ed il panorama circostante. Il morale è alle stelle. Tutto è perfetto. Non vorrei essere in un altro luogo che non sia questo!
Un ultimo breve tratto di corda fissa ci deposita a pochi metri dalla cima svizzera. È fatta! Siamo sulla cima del Cervino! Guardo l’orologio: non sono neanche le 13. Siamo stati anche veloci! Siamo decisamente soddisfatti ed appagati dalla salita! Senza alcuna fretta ci guardiamo attorno, ci riposiamo, ci rifocilliamo e indossiamo i ramponi per traversate alla cima italiana. Velocemente la raggiungiamo.
Discesa alla capanna Carrel al Cervino lungo la cresta del Leone
Nel frattempo alcune nuvole hanno cominciato ad addensarsi in cielo. Cominciamo a scendere, sapendo però che siamo solo a metà dell’impresa! La discesa si rivelerà per quello che effettivamente è: lunga, complessa e di difficile orientamento in alcune parti, soprattutto se non la conosci e sei immerso nelle nuvole! Corde doppie si alternano a tratti di arrampicata in discesa, sempre in costante esposizione sulla parete nord. Riconosco tutte le parti più iconiche della salita della via normale del Cervino (o Matterhorn) dal versante italiano, la cresta del Leone: Corda della sveglia, Cresta du Coq, Grande Corde, Pic Tyndall, Testa del Cervino, Enjambée, Scala Jordan.
La concentrazione deve rimanere massima.
Incontriamo alcune cordate che ci rallentano la discesa, ma in un modo o quell’altro riusciamo sempre a passarle. Per molte di loro, vista la velocità alla quale si muovono, si preannuncia una bella notte all’aperto… Sono quasi le 18 quando varchiamo la porta del rifugio/capanna Carrel. Un goccio d’acqua, una barretta e due parole con degli amici trovati casualmente là che mi ritrovo già a camminare verso Cervinia.
Capanna Carrell – rifugio Oriondé – Cervinia
Le ultime difficoltà sono ormai una formalità. In due orette scarse arriviamo al rifugio Oriondè, dove finalmente possiamo abbondantemente re idratarci. La stanchezza accumulata ormai è tanta, ma con un ultimo sforzo ci incamminiamo verso Cervinia. Guardiamo spesso indietro e scorgiamo le luci delle frontali ancora impegnate lungo la discesa. Non vorrei proprio essere in loro…
Ciao ragazzi e ancora complimenti per la salita e il racconto, vi chiedo se avete scritto una relazione più dettagliata della salita? o se sapete dove reperirla.
grazie mille e buone avventure
Michele
ciao Michele, no. Non ho scritto una descrizione più dettagliata. Ho utilizzato la relazione sul sito di Francesco Ratti e quella sul sito di Emanuele Andreozzi, facendone un mix. A differenza di Emanuele, non sono stato rigorosamente sulla cresta nella prima parte. Con entrambe le relazioni ci si orienta facilmente e non è così difficile capire dove andare. Il percorso per arrivare alla parte tecnicamente più difficile e lungo questa è molto logico.
Se vuoi avere altre info e delucidazioni, scrivimi o chiamami pure!