Le Pale di San Lucano sono un gruppo montuoso tra i più selvaggi ed austeri delle Dolomiti. Tra queste cime, alla fine della Valle di San Lucano, si ergono le Pale dei Balconi, talmente ripide che non è possibile raggiungere la loro cima mediante dei sentieri. Bisogna per forza arrampicarsi, camminare su prati molto ripidi, cercare passo dopo passo il passaggio più facile per guadagnare la cima. Racchiuso tra le pieghe di queste montagne, a perpendicolo sulla vallata sottostante, è racchiuso il bellissimo Cor di San Lucano, un autentico diamante incastonato in uno scenario da favola.
Sono le 7 quando io e Erica ci avviamo sul sentiero 756 che da Capanna Cima Comelle ci porterà, dopo poco meno di 500mt di dislivello, a Casera Campigat. Il sentiero, facile e ben battuto, ci porta alla casera dove ci fermiamo a sorseggiare l’acqua fresca e limpida che sgorga dalla fontana. Il panorama attorno a noi è magnifico. Di fronte a noi si erge maestosa la parete occidentale della Cima dei Balconi, che svetta verso il cielo. È proprio in prossimità di questa cresta che si nasconde il Cor di San Lucano.
Ripreso il cammino, arriviamo in corrispondenza di una netta svolta del sentiero che prosegue verso Campo Boaro. Qui un piccolo ometto ed una labile traccia ci indica che dobbiamo continuare dritti. Dopo pochi minuti arriviamo all’inizio delle difficoltà. Indossiamo il casco e l’imbrago, ci leghiamo con la corda e cominciamo a scendere un ripido canale decisamente franoso. Ci fermiamo in prossimità di un salto verticale, dove pianto un chiodo nella roccia e calo Erica con la corda fino a dove il terreno è più facile. Poco dopo la seguo disarrampicando con attenzione. In alcuni punti c’è ancora della neve residua dello scorso inverno che ci obbliga ad alcune, divertenti, contorsioni.
Velocemente raggiungiamo la base del canale e, indossati un paio di ramponcini, attraversiamo un nevaio. Arriviamo così alla base vera e propria della parete che dovremo salire. La prima parte è abbastanza facile: si tratta semplicemente di seguire alcune tracce (occhio a non seguire le tracce degli animali, qui molto numerose…), su un ripido pendio. Alcune volte appoggiamo le mani a terra, ma è questione di poco. Raggiungiamo successivamente una zona più abbattuta, che ci permette di camminare agevolmente.
Arriviamo quindi alla base di una ripida parete rocciosa e seguiamo verso sinistra una cengia, che ci porta in una porzione di parete meno ripida. Qui cominciamo la scalata vera e propria. Non essendo una parete completamente verticale, la scalata non è molto difficile (I-II grado). Anzi, alle volte è più una camminata su un pendio molto ripido, dove le mani vengono usate più per l’equilibrio. Di tanto in tanto, si alternano dei brevi passaggi di arrampicata. Più che le capacità tecniche, in questo terreno è importante avere una buona esperienza in questo tipo di percorsi, per trovare di volta in volta il passaggio più facile e con la roccia migliore. Ci fermiamo spesso ad ammirare il panorama attorno a noi, semplicemente fantastico. Un po’ alla volta saliamo di quota e vediamo casera Campigat diventare sempre più piccola… e pensare che solo poche ore fa stavamo sorseggiando la sua fresca acqua! Verso metà parete ci fermiamo su un piccolo prato per riposarci. Una piccola oasi di verde nel bel mezzo di una parete rocciosa è un inaspettato regalo!
Sulla parte alta della salita. In corrispondenza della neve, si vede anche il canale franoso con cui inizia la parte alpinistica
Riprendiamo la scalata, che ora si fa più impegnativa. I passaggi non sono mai difficili ma sempre più continui. Anche l’esposizione comincia ad aumentare. Mi giro spesso per aiutare Erica a salire, assicurandola con la corda e suggerendole quali appigli ed appoggi utilizzare. Ogni volta mi guarda con un bellissimo sorriso e gli occhi pieni di contentezza. Non occorre che le domando come stia o come sta andando, il suo volto parla da sè! La fatica comincia a farsi sentire, ma la cresta è sempre più vicina. Con un ultimo, breve traverso verso sinistra la raggiungiamo. Il Cor di San Lucano, che fino a pochi metri fa era invisibile, ora si mostra in tutta la sua bellezza e magnificenza. Lo spettacolo è semplicemente meraviglioso!
Una schiera di montagne si erge davanti a noi. In un attimo, tutta la fatica fatta svanisce e rimane solo la gioia. Nessun rumore, nessun disturbo, solo noi e la montagna. Siamo semplicemente incantati dalla bellezza che ci circonda. L’Agner si staglia davanti a noi in tutta la sua possenza, la cima del Focobon e quella di Campido sono alle nostre spalle; in lontananza spunta anche la parete sud della Marmolada, la parete d’Argento. Una miriade di altre cime si stagliano all’orizzonte.
Dopo una mezz’oretta ci rimettiamo in marcia: siamo solo a metà del nostro giro e la macchina è mille metri più in basso! Proseguiamo lungo la cresta, ora affilata, che con dei passaggi esposti di semplice arrampicata ci porta in cima ad una piccola cima. Per sicurezza, procediamo sempre legati alla corda. Continuiamo a seguire la cresta, che alterna parti di camminata ad altre di arrampicata. L’esposizione è ancora molta ed è richiesta concentrazione. Via via che procediamo le difficoltà diminuiscono ed è sempre più chiaro che stiamo terminando la parte di arrampicata.
Raggiungiamo infine un bellissimo prato pianeggiante. Ormai le difficoltà tecniche le abbiamo lasciate alle spalle. Con un’ultima breve risalita raggiungiamo l’altopiano delle Pale di San Martino ed il sentiero 776 che seguiamo in discesa. Attraversiamo il Campo Boaro fino a ritornare a casera Campigat, dove non può mancare una sorsata di acqua della sua fontana!
Siamo molto soddisfatti e felici di questa bellissima giornata. Ci voltiamo spesso ad ammirare la parete salita, rivivendo tutte le emozioni vissute in questa avventura. Non resta che avviarci verso capanna Cima Comelle, per sorseggiare una bella birra fresca. Direi che oggi ce la siamo proprio guadagnata!
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