Sono le 2.30 quando un rumore mi sveglia di soprassalto e mi ci vuole qualche secondo per capire che non è altro che il suono di una sveglia. Mi ci vogliono un altro po’ di secondi per capire dove sono, ma poi tutto è chiaro: sono al rifugio del Coston (Hintergrat Hutte) perchè con Andrea vorremo percorrere la cresta NO del Gran Zebrù. Questa cresta è chiamata Langer Suldengrat, per differenziarla dalla Kunze Suldengrat (la “classica Suldengrat”) che parte dal passo di Solda. Neanche dire che la Langer Suldengrat è quella più lunga, più impegnativa e meno frequentata delle due!
Salita al rifugio del Coston da Solda
Il giorno precedente avevamo raggiunto il rifugio nel primo pomeriggio ed eravamo andati a fare un sopralluogo alla base della parete, notando come le condizioni sembravano buone. Dopo una veloce cena, ci eravamo concessi alla braccia di Morfeo, sapendo che le ore di sonno sarebbero state poche e che il giorno successivo sarebbe stata una lunga giornata.
La salita della cresta Langer Suldengrat al Gran Zebrù
Sono ancora un po’ assonnato quando scendo le scale del rifugio e mi accingo a consumare una veloce colazione con puccia (di prima mattina non è proprio il massimo…), cioccolata, marmellata, miele, the, etc etc. Bisogna fare un bel carico di energie prima di partire! Dopo meno di un’ora chiudiamo dietro le nostre spalle la porta del rifugio e alla luce delle frontali ci avviamo verso l’attacco. Percepiamo la presenza possente della parete nord del Gran Zebrù, anche se è ancora immersa nel buio della notte. Il silenzio regna sovrano: non c’è anima viva in giro. Anche la natura, nel freddo della notte ad alta quota, sembra essersi fermata.
Arriviamo velocemente alla base della parete, ci imbraghiamo e prepariamo i materiali mentre l’aurora comincia a rischiarare le montagne all’orizzonte. La giornata è perfetta. Superiamo la prima rampa velocemente su neve dura e qualche trattino di roccia. Ci fermiamo più volte ad ammirare il nuovo giorno che sta sorgendo ed in men che non si dica siamo sotto al tratto chiave. Davanti a noi abbiamo un muro verticale di roccia marcetta e sporca, non proprio invitante da salire. Tolgo i ramponi e supero delle balze rocciose fino ad arrivare ad uno spit. Recupero Andrea e velocemente riparto. Con attenzione scalo anche il tiro chiave, cercando il facile nel difficile. E’ un tiro non molto lungo (circa 15mt) e gli spit agevolano la progressione. Andrea mi raggiunge e velocemente ripartiamo.
L’aurora ha intanto lasciato spazio ad un’alba bellissima e ormai il sole fa capolino alle nostre spalle. Aggiriamo uno spigoletto di roccia e rimaniamo ammaliati dalla visione della parete nord del Gran Zebrù. Una parete imponente ed austera, ma allo stesso tempo bellissima e ammaliante. Per un attimo mi balena l’idea di salirla, ma la accantono subito in quanto la parte bassa non sembra in condizioni ottimali. Procediamo speditamente sempre lungo la cresta, qui molto arrotondata. La roccia è completamente cambiata e ci troviamo ad arrampicare su un bellissimo calcare molto solido. In questo tratto le difficoltà sono moderate e possiamo godere appieno dello spettacolo che ci circonda. Più volte ci fermiamo a guardare la cima dell’Ortler e la cresta Hintergrat, che da qui staglia imperiosa contro il cielo.
Raggiungiamo un campo di neve, dove seguiamo delle vecchie tracce. Continuiamo a salire, dapprima su neve e poi su terreno misto mai troppo difficile ma che richiede attenzione. La neve è abbastanza sfondosa e faticosa, rallentandoci la progressione. Oltre agli spit incontrati prima, non troviamo altri segni di passaggio ma la direttiva di salita è abbastanza evidente. In fondo è facile: basta salire sempre! Togliamo di nuovo i ramponi per un’altra sezione rocciosa, fino ad arrivare ad un’altro ripiano di neve a circa 3.500mt di quota, poco sotto l’ultima impennata della cresta.
Sulla seconda parte della via, verso la barra rocciosa
Ci stiamo avvicinando alla classica Suldengrat
La salita sta procedendo sicura e divertente e possiamo godere della maestosità del luogo in cui siamo. Un breve spuntino e ripartiamo ramponi ai piedi. Il pendio che abbiamo di fronte sembra abbastanza impegnativo: sarà 55-60°, sbarrato da una fascia rocciosa, con rocce affioranti e con una bella esposizione sulla vedretta di Solda, ormai 700 metri sotto ai nostri piedi. La neve incontrata nell’ultimo pezzo nevoso, data la sua cattiva consistenza, non mi fa stare molto tranquillo. “Qui non è un problema, ma lassù come sarà?”, penso tra me e me. Anche la fascia di rocce, via via che ci avviciniamo, non mostra punti deboli. Sono comunque fiducioso e continuo a salire, cercando di individuare i punti deboli. Arriviamo infine alla fascia di roccia, dove faccio una sosta con le picozze. Affronto il tratto successivo che, anche se non proteggibile, è su buona roccia. In breve ritorno sulla neve e qui recupero Andrea. Un altro ostacolo superato!
Improvvisamente la neve cambia e diventa molto buona, se non addirittura ottima. Ci gustiamo questo bel pendio, costantemente ripido ed esposto. La neve comincia un po’ a scarseggiare e a volte nasconde rocce affioranti. Sono però dei brevi passi, da fare con la dovuta cautela. Ad ogni passo la cresta finale appare più vicina… ma sembra non ci arrivare mai! Finalmente la raggiungiamo e ci fermiamo qualche minuto a contemplare la bellezza del paesaggio attorno a noi.
La cresta Kurze Suldengrat e la cima del Gran Zebrù
Ci separano dalla vetta solo 150mt di dislivello, ma lo sviluppo è ben maggiore! Questo tratto di cresta (che poi è l’ultimo tratto della Suldengrat “classica” anche detta Kurzer Suldengrat, quella che parte dal passo di Solda) è più tracciato ma non banale. Ci sono ancora dei tratti di roccia ed una breve calata, che non devono essere sottovalutati. La parte finale della cresta, sospesa sopra la parete nord, è molto entusiasmante: la classica ciliegina sulla torta! L’agognata croce di vetta è ormai in vista e la raggiungiamo verso mezzogiorno. Il cielo è terso, la visibilità ottima e ci fermiamo a riposarci ed ad ammirare lo spettacolo che abbiamo difronte: montagne a perdita d’occhio, fin dove lo sguardo può arrivare! Non abbiamo però moltissimo tempo: ci aspetta una lunghissima discesa.
La traversata di Punta Graglia fino al passo Cedec
Nel primo tratto seguiamo la via Normale dal Pizzini; la neve è ormai abbastanza marcia ma ci permette di muoverci velocemente. Arrivati al collo di bottiglia continuiamo in cresta fino ad arrivare al Passo della bottiglia. Proviamo a scendere direttamente verso la Vedretta di Solda (incontrando anche alcune soste di calata) ma il terreno è davvero insidioso e marcio. Decidiamo perciò di risalire brevemente al passo e di continuare per cresta fino a raggiungere il passo di Cedec. Ripartiamo quindi in cresta, alternando tratti rocciosi ad altri con neve. Non sono sicuro che sia possibile fare questa traversata, ma non abbiamo molte alternative… Spero che le intuizioni avute il giorno prima siano giuste. 150mt di dislivello in cresta con passaggi di II e III ci portano in cima a Punta Graglia.
“Ora non resta che scendere al passo di Cedec!”, penso tra me e me mentre mi riposo sulla cima.
La discesa però si rivela più lunga del previsto, alternano parti di roccia decente a parti decisamente franose. In più, la cresta è orlata da varie torrette che non ti lasciano vedere il passo fino all’ultimo momento. Quando finalmente metto il piede sul facile trattino finale di cresta nevosa che arriva al passo di Cedec tiro un gran sospiro di sollievo!
Discesa al rifugio Città di Milano e Solda
Rimettiamo (per l’ultima volta, finalmente!) i ramponi per scendere la Vedretta di Solda, aggirando dei crepacci ancora chiusi e velocemente perdiamo quota. Tolti i ramponi raggiungiamo in rif Città di Milano. Il sentiero che porta a Solda (la funivia non aveva ancora aperto per la stagione estiva) è scomodo, ma ormai nulla può fermarci. Sono quasi le 19 quando ritorniamo alla macchina, stanchi ma ovviamente felici di questa salita!
Che dire: una salita lunga ed impegnativa, che ti costringe a star concentrato dall’inizio alla fine ma che sa regalare emozioni stupende ed uniche!
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