La voglia di neve, ghiaccio e roccia ci porta questa volta nel Massiccio del Bernina ed in particolare sul Pizzo Bernina, la cima più alta che di poco supera la fatidica quota 4.000 mt s.l.m.
E’ lunedì mattina quando ci dirigiamo in direzione Campo Moro, dove la strada della Valmalenco termina dopo una serie infinita di tornanti. L’inizio non è dei migliori: appena smontati dalla macchina, mentre ci stiamo ancora preparando, comincia a piovere.
La salita al rifugio Marinelli Bombardieri
La salita al rifugio Marinelli Bombardieri
Non abbiamo molta scelta: brontolando un po’, tra schiarite e scrosci di pioggia, finiamo di sistemare il materiale negli zaini e ci incamminiamo verso il rifugio Carate Brianza prima e il Marinelli Bombardieri poi. Mano a mano che ci avviciniamo al primo rifugio in cielo si addensano nubi sempre più minacciose e, ormai in vista del rifugio, comincia a grandine. Acceleriamo il passo, che ormai è quasi una corsa: è uno di quei momenti in cui vedi il rifugio ma non ci arrivi mai!
Finalmente ne varchiamo la soglia, ormai completamente zuppi, ci asciughiamo e sorseggiamo un buon thè caldo mentre fuori si scatena il finimondo: in pochi minuti è tutto completamene bianco.
Aspettiamo pazientemente che il tempo sballi e poi ci incamminiamo verso il rifugio Marinelli, che raggiungiamo dopo un’altra oretta di cammino. Il resto del pomeriggio è la solita, bellissima, routine: mettiamo le nostre cose ad asciugare, ci sistemiamo nella camera, cerchiamo avidamente dei posti in cui il cellulare abbia campo (maledetta modernità… 🙂 ). Il cielo però è ancora nuvoloso e le nuvole basse non ci permettono di studiare per bene l’itinerario che dovremo fare l’indomani mattina. L’unica cosa che riusciamo a capire (e non è poco…) è che il crepaccio terminale è abbastanza chiuso. Dopo una lauta cena e i soliti messaggini andiamo a letto. La sveglia per domani è puntata alle 2…
La salita della Direttissima sud al Pizzo Bernina
La salita della Direttissima sud al Pizzo Bernina
… E lei alle 2 puntualmente suona. Con la solita fatica ci alziamo, ci prepariamo e silenziosamente sgusciamo fuori dal rifugio. Cerchiamo di essere il più veloci possibili: nel pomeriggio è previsto un peggioramento del tempo e vogliamo essere fuori dalle difficoltà il prima possibile.
Camminiamo in un’atmosfera magica. Il silenzio ed il buio sono irreali. Le tracce ci conducono velocemente al Passo Marinelli Occidentale. Montiamo quindi sulla Vedretta dello Scerscen, che attraversiamo lungamente fino ad oltrepassare l’attacco della via normale al Piz Bernina dal versante italiano. Piz Roseg, monte Scerscen, Piz Bernina e Piz Argient si stagliano imponenti ed austeri sopra di noi e scrutano silenziosi i nostri passi. Chissà se oggi il Piz Bernina ci concederà la soddisfazione di ammirare il panorama circostante direttamente dalla sua cima! Ci sentiamo piccoli ed impotenti in questo ambiente.
Nel ghiacciaio la neve non ha rigelato molto: si sprofonda un pochino, rallentandoci la progressione. I miei pensieri corrono veloci sulla parete: come sarà la neve? come saranno le condizioni? riusciremo a superare la crepaccia terminale? Dopo due orette e mezza arriviamo all’attacco della via: ora tutte le domande avranno risposta.
Il passaggio della terminale non è troppo difficile. Evviva! Primo ostacolo superato! Recupero velocemente Andrea e proseguiamo brevemente nella rigola. Le nuvole che coprivano il cielo all’alba si stanno via via dissolvendo, lasciando spazio ad un bellissimo cielo blu. Siamo ormai in mezzo alla parete: un pendio a 55° costantemente ripido, che non molla mai.
Le condizioni sono perfette: la neve è dura, le picozze si piantano facilmente e le punte dei ramponi mordono sicure il pendio. Sono solo i nostri polpacci a risentire della situazione!
Con queste condizioni scalare è una vera goduria: una sequenza infinita di: picca, rampone… picca, rampone… picca, rampone! Tutti i timori svaniscono in un lampo. Mi godo la bellezza del movimento, dell’ambiente che ci circonda, dell’avere un compagno ed amico affiatato con cui condividere queste avventure. Percepisco la fortuna di essere qui, in questo preciso istante. Non vorrei essere in un altro posto al mondo! E’ tutto così perfetto! Guadagniamo velocemente quota, fermandoci a riposare ogni tanto e ad ammirare l’impresa di Corti e compagni che aprirono questa via all’inizio del ‘900.
Arriviamo quindi alla base della cresta rocciosa della vetta italiana. Qui deviamo verso destra, verso un pendio con neve, ghiaccio e rocce affioranti. La neve dura ha lasciato spazio ad uno strato superficiale di ghiaccio delicato ma che non crea troppi problemi. Procediamo con più cautela, in un ambiente da favola. Ormai vediamo l’uscita.
Le difficoltà, continue ma non esasperanti, ci permettono di godere appieno di ogni instante di questa giornata, di ogni singolo metro di questa via, di ogni singolo respiro.
Arriviamo in cresta e siamo subito baciati dal sole. Dopo tante ora passate nel buio e nell’ombra di una fredda parete non c’è niente di meglio che lasciarsi inondare dai caldi ed amorevoli raggi del sole! Che magnifica sensazione! Un misto di felicità e di tristezza (ma come, è già finita?!?!) ci pervade.
Traversata dalla cima italiana alla cima svizzera
Sistemiamo un po’ il materiale e ci incamminiamo verso la cima italiana del Piz Bernina, che raggiungiamo in breve. Proseguiamo poi verso la cima svizzera.
Tratti di rocce e tratti nevosi affilati ed aerei si susseguono, rendendo entusiasmante anche quest’ultimo tratto. Arriviamo in cima e con tutta calma ammiriamo il paradiso che ci circonda: montagne e ghiacciai a perdita d’occhio, un cielo terso e un caldo sole i cui raggi ci penetrano fin dentro alle ossa.
Ammiriamo la perfezione attorno a noi. Sono da poco passate le 8 e siamo già in cima. Riprendiamo la concentrazione, perché siamo comunque solo a metà della fatica. Ci aspetta una discesa lunga e tecnica, assolutamente da non sottovalutare. Con una breve digressione Andrea va a recuperare una delle due picozze che prima gli erano cadute, per fortuna al termine delle maggiori difficoltà. L’altra giacerà per sempre tra le pieghe del ghiacciaio…
Discesa al rifugio Marco e Rosa
Arriviamo al rifugio Marco e Rosa verso le 11. Il tempo è ancora molto bello. Fretta non ne abbiamo più. Ci scoliamo una lattina di aranciata a testa e chiacchieriamo con i ragazzi del corso Guide Alpine della Lombardia che avevamo già incrociato sulla normale. Per ricongiungerci alla traccia fatta alla mattina sulla Vedretta dello Scerscen scendiamo lungo il canalone della cresta Guzza, ancora in ottime condizioni. Il resto è solo una lunga camminata, ripercorrendo i passi fatti la mattina e il giorno prima. Anche il temporale arriva puntuale alle 15 come il giorno prima, ma questa volta lo evitiamo. Ora ci attende solo un lungo viaggio di ritorno a casa, il momento giusto per pianificare le prossime avventure!
Ecco il primo articolo di questo blog. Si parte subito con una super avventura!