Più volte avevo letto racconti sulle vie che si sviluppano sulle Orobie e ne ero rimasto affascinato. Dopo aver ripetuto la Goulotte Matita sul Pizzo Recastello all’inizio di questo inverno, il fascino era diventato vero e proprio amore. In particolare, la vista della Parete Est del Pizzo Redorta, che precipita per 600 mt nella Conca dei Giganti, mi aveva letteralmente stregato.
Ed è così che mi ritrovo dopo pochi mesi a parcheggiare la macchina di nuovo a Valbondione, sempre in compagnia del fido Andrea. Questa volta l’obiettivo è la proprio la Parete Est del Pizzo Redorta.
I giorni prima della partenza avevo passato ore e ore incollato al computer per cercare di carpire più informazioni possibili circa le condizioni della parete, ma le informazioni che avevo recuperato non erano molte e neppure molto incoraggianti. Ma in questo strano inverno, le Orobie sembravano il posto in cui le condizioni sono migliori. Decidiamo quindi di provare lo stesso, sperando di riuscire a salire almeno il canale Tua, ripetuto non molti giorni prima ma già al limite della fattibilità.
Quando arriviamo al parcheggio non sono molto fiducioso nelle condizioni della Valentina Gully e, convinto del fatto che l’unico canale fattibile sia proprio il Tua, apro lo zaino e comincio a togliere un po’ di materiale che reputo in eccesso: opto per portare via solo una corda e riduco il numero di friend e di viti da ghiaccio rispetto a quello che avevo preparato a casa. In fin dei conti, penso tra me e me, per il canale Tua non occorre molto!
Salita al rifugio Coca da Valbondione
Il primo giorno lo sfruttiamo per raggiungere il rifugio Coca, nel quale dormiremo, e per fare la solita ricognizione alla base della parete. Arriviamo al laghetto di Coca ed entriamo nella Conca dei Giganti, così chiamata perchè in questa piccola valle si affacciano le cime più alte di tutte le Orobie (Pizzo Coca 3.050 mt, Pizzo Redorta 3.038 mt, Pizzo Scais 3.038 mt). Rimaniamo subito affascinati dalla bellezza austera del panorama. La Parete Est del Pizzo Redorta si staglia davanti a noi, imponente, elegante e severa.
Comincio a studiare la parete per cercare di capire dove salgono i vari itinerari. Ci balza subito all’occhio che le condizioni non sono così male… Una via in particolare sembra ben formata: Valentina Gully. C’è solo il tratto centrale (il più impegnativo) che non riusciamo ad interpretare del tutto. Non capiamo se quel bianco che vediamo è neve o ghiaccio scollato. Esploriamo bene tutta la valle e le possibilità, ma ormai gli occhi sono caduti su quella linea. Domani mattina decideremo…
Torniamo al rifugio per sciogliere la neve e prepararci per la notte. E’ da un po’ che siamo chiusi dentro al poco ospitale bivacco invernale del rifugio Coca quando sentiamo dei rumori. Fuori è buio da un po’ e non capiamo cosa possa essere. Ad un certo punto si apre la porta ed entrano due ragazzi. Sono affamati, assetati, stravolti in viso ed hanno ancora l’imbrago addosso. “Questi arrivano da qualche salita qui intorno” penso tra me e me. Non ci mettiamo molto a fare amicizia e scopriamo che sono reduci da un super concatenamento: hanno infatti percorso integralmente la cresta che contorna la Conca dei Giganti salendo in giornata Pizzo Redorta, Punta di Scais, Pizzo di Porola ed infine Dente e pizzo di Coca. Che super girone! Chiacchieriamo con loro, raccogliendo alcune info utili e ci confermano che anche secondo loro le condizioni non sono così male.
Non so se essere contento o preoccupato. Da un lato il Valentina Gully è una bellissima salita che non vorrei lasciarmi sfuggire e dall’altro rimpiango tutto quel materiale lasciato in macchina… Ora però è tempo di riposare. Chiudo la zip del sacco a pelo e in breve mi addormento.
Valentina Gully al Pizzo Redorta
L’indomani è ancora buoi quando ci lasciamo alle spalle la porta del bivacco e ci avviamo verso il laghetto di Coca. Il rigelo notturno della neve è molto buono. Velocemente raggiungiamo la Conca dei Giganti e cominciamo a salire a sinistra, in direzione del Valentina Gully. Alla fine la notte ha portato consiglio: le condizioni sono troppo buone per lasciarsi sfuggire questa occasione!
Attorno a noi è ancora buio e facciamo un po’ fatica ad individuare il giusto canale da prendere. Raggiungiamo finalmente la conoide e ci prepariamo. Partiamo subito in conserva, le condizioni sono buone. Il buio della notte ha intanto lasciato spazio all’aurora. Velocemente arriviamo all’inizio delle difficoltà.
Il primo tiro, in comune con la Goulotte del Sole, non è proprio semplice e mi da una bella sveglia: neve molto ripida con un sottile strato di ghiaccio superficiale. Bisogna essere molto delicati, anche perché non è possibile proteggersi. Dopo una cinquantina di metri arrivo sotto una paretina di roccia dove attrezzo una sosta. Recupero Andrea mentre i raggi di sole innondano la parete. Tutto si colora di un bel colore giallo che trasmette calore, serenità e pace. E’ semplicemente fantastico.
Il sole però porta con sè anche il caldo, e dopo pochi minuti lo sottile strato superficiale di ghiaccio che ricopriva la neve tende già a mollare leggermente. Bisogna muoversi. Lascio sulla sinistra la ripida rampa della Goulotte del Sole con ghiaccio cotto e scollato e seguo Valentina Gully, la diramazione di destra. Parto per il secondo tiro lungo una sottile rigola di ghiaccio e attrezzo un’altra sosta. Siamo sotto quello che dovrebbe essere il tiro chiave.
Un muro di neve e ghiaccio a 80°-85° si staglia davanti a me. Parto concentrato perché anche questa volta non potrò proteggermi adeguatamente. Cerco di essere il più veloce ed efficace possibile. Ad un certo punto la pendenza cala leggermente e finalmente riesco a mettere una vite. Non è molto buona, ma sempre meglio di niente. Con un altro passaggio delicato entro dentro una stretta goulotte. La risalgo su neve pressata. Semplicemente fantasmagorica! Dopo circa 50mt trovo del buon ghiaccio e costruisco la sosta. Andrea mi raggiunge. Il morale è alle stelle! Abbiamo fatto la parte più difficile e le condizioni sono buone. Ora non resta che proseguire!
La goulotte termina in un pendio ripido, che saliamo puntando verso destra. Qui non è molto chiaro dove salire. Provo a leggere la relazione ma non ci fornisce indicazioni utili. Decido di salire un altro canale, anche se non vedo dove sbuca. Le condizioni cambiano però velocemente: la neve pressata lascia spazio alla neve polverosa. Non so bene dove salire, quindi salgo un po’ ad occhio. Tratti di neve polverosa si alternano a tratti di misto per nulla semplici. La neve abbondante ricopre tutto, rendendo sempre più difficile proteggersi. La progressione rallenta decisamente, ma in queste condizioni è difficile andare più veloci.
Per fortuna trovo sempre dei posti dove fare delle soste solide. Proviamo più volte a guardare le foto della parete e le relazioni che abbiamo con noi ma non ci aiutano. Probabilmente siamo rimasti troppo a sinistra rispetto alla linea originaria. Non abbiamo molta scelta se non quella di salire. Ogni tanto sembra che la parete ceda finalmente alla verticalità, ma è solo una breve illusione. Dietro ci sono sempre ancora passi di misto e ripidi tratti su neve decisamente inconsistente. La cresta che unisce Pizzo Redorta e Fetta di Polenta però si avvicina sempre di più.
Con un ultimo tiro dapprima su una ripida crestina di neve molto affilata e poi con un lungo traverso verso destra raggiungo quelle che sembrano le ultime rocce prima della calotta finale. Attrezzo l’ennesima sosta. Recupero Andrea e riparto. Traverso brevemente a sinistra e risalgo un gradino di roccia. Guardo sopra di me e vedo solo l’ultimo pendio di neve per porta all’anticima. Sono felice. Recupero Andrea e ripartiamo per la cima. Un ultimo pendio a 45°-50° e una breve cresta di neve e roccia ci depositano prima sull’anticima e poi sull’affilata croce di vetta. Neanche qui c’è un posto comodo per riposare, ci diciamo scherzosamente! Mangiamo, beviamo, facciamo qualche foto. Poi ripartiamo per la discesa.
Traversata Pizzo Redorta – Bocchetta di Scais – Fetta di Polenta
Al posto di scendere a Fiumenero decidiamo di proseguire in cresta fino alla Fetta di Polenta e qui scendere per il canalone centrale di Scais. Nella carta la traversata non dovrebbe essere difficile a parte un breve tiro su roccia, ed è decisamente più corta rispetto alla discesa classica.
Scendiamo per facile cresta fino Bocchetta di Scais. Salgo velocemente il tiro di roccia, più facile del previsto. Poi siamo di nuovo su neve. Di nuovo neve ripida, inconsistente e scarsamente proteggibile. Con un’ultimo sforzo raggiungiamo infine la cima della Fetta di Polenta.
Discesa lungo il canalone centrale della Punta di Scais
Un’altra breve pausa e poi cominciamo a scendere. Ma dove sarà l’imbocco del canalone centrale? I ragazzi di ieri sera ci avevano detto che era evidente, ma per chi non conosce i posti non lo è molto! Ci sono vari canali che scendono. Quale sarà quello giusto?
Continuiamo per cresta fino al torrione Curò, dove in prossimità della forcelletta trovo anche due chiodi. Calo Andrea nel canalino per 50mt finchè finalmente raggiunge il canale principale (scopriremo poi che è la variante diretta al Canale Centrale di Scais). Io lo seguo disarrampicando. Finalmente la tensione comincia a stemperarsi. Lungamente lo scendiamo finchè finalmente si apre sopra al laghetto di Coca e alla Conca dei Giganti. Sono quasi le 16 quando il raggiungiamo. Ci sediamo e mettiamo via il materiale. Continuiamo a riguardare la nostra, bellissima, salita. Ora non resta che tornare con tutta calma al rifugio Coca, prendere le nostre cose e scendere alla macchina.
Con gli ultimi bagliori del giorno la raggiungiamo. Ora è davvero finita. Siamo stanchi ma decisamente soddisfatti ed appagati.
Apro il baule e guardo il materiale che avevo lasciato lì. Ah, se lo avessi portato via!
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