Selvaggio Blu: due semplici parole che però racchiudono tutta l’essenza di questo bellissimo trekking che parte da Pedra Longa e termina a Cala Sisine, lungo la costa orientale della Sardegna. Selvaggio, perchè il tratto di costa su cui si svolge è decisamente… Selvaggio e Blu perchè il colore blu intenso del mare risalta tra il verde della vegetazione e il giallo-grigio delle verticali pareti rocciose che si affacciano ad esso.
Ma come ho già avuto modo di esprimere, per me il Selvaggio Blu non è un semplice trekking, ma è un vero e proprio viaggio. Perchè il camminare è stato solo IL MEZZO con il quale ci siamo potuti immergere nei profumi, nei colori, nella natura incontaminata di questo tratto di Sardegna così selvaggio, austero e primordiale. Uno dei rari posti, almeno in Italia, dove Uomo e Natura vivono ancora in simbiosi, dove l’Uomo ancora segue e rispetta le regole di Madre Natura.
Difficile riassumere in poche righe cinque giorni vissuti così intensamente.
Cinque giorni lontani da strade, case, manufatti antropici. Cinque giorni lontani dal caos, dalla frenesia dei giorni moderni. Cinque giorni in cui l’aria non ha mai puzzato di inquinamento, ma ha trasportato la fragante essenza del mirto e della salsedine del mare.
Cinque giorni dove non contava l’ora scandita dalle lancette dell’orologio ma contava solo l’eterno sorgere e calare del sole. Cinque giorni passati ad ammirare lo spettacolo sempre emozionante del giorno che sorge, della vita che magicamente si rinnova.
Cinque giorni dove abbiamo ripreso contatto con la Natura ed abbiamo appoggiato i nostri piedi non più sullo sterile asfalto, ma sul fondo sterrato dei sentieri sardi, così dissestati ma così vivi. Cinque giorni in cui abbiamo percepito la vitalità della Natura, distanti anni luce dalla sterilità del cemento e dell’acciaio che generalmente ci circonda.
Cinque giorni dove la sera ci sorprendeva seduti accanto al fuoco, a ascoltare e raccontare storie, a riscaldare non solo le stanche membra dopo una giornata di cammino, ma soprattutto i cuori. Cinque notti passati non dormendo in hotel a 4 o 5 stelle, ma in hotel a migliaia di stelle, quelle che scorgevamo semplicemente scostando leggermente il telo della tenda. Cinque giorni in cui siamo entrati in contatto con la Natura e, cosa forse più importante, con noi stessi.
Cinque giorni in cui abbiamo camminato chiacchierando e discutendo amabilmente, ma a volte anche in perfetto silenzio. Cinque giorni in cui abbiamo camminato, ma anche cinque giorni in cui abbiamo amabilmente ascoltato racconti e storie. Racconti di uomini, capre, storie vere e leggende, racconti di un passato lontano e storie dei giorni attuali. Storie di giovani che rimangono in questa terra così dura, che resistono, ma il cui amore per essa trasuda da ogni poro.
L’unica presenza antropica in quella terra sono i pastori, antichi custodi di un sapere ancestrale. Ogni ovile, ogni sentiero, ogni mulattiera ha una storia. Le capre, animali incredibilmente intelligenti, sono praticamente gli unici animali che possono essere allevati. Pochi maialini e qualche vacca completano il quadro, ma le capre regnano decisamente incontrastate. Per riuscire a vivere in queste zone così inospitali, i pastori hanno dovuto studiare attentamente quello che gli stava attorno e cercare di trarre da ogni cosa il massimo. Non hanno potuto imporsi sulla Natura, hanno dovuto capirla e comprenderla; hanno dovuto entrare in sintonia con essa.
Ecco perché il nostro Selvaggio Blu non è stato un semplice trekking. E’ stato a tutti gli effetti un viaggio di scoperta di quello che ci circondava.
Le gambe hanno solo avuto lo scopo di accompagnarci in posti altrimenti inaccessibili.
Il lavoro più impegnativo l’hanno fatto gli occhi. Non ci siamo limitati a guardare il panorama attorno come un bellissimo sfondo. Sarebbe stato come scartare la parte migliore dell’esperienza. Abbiamo fatto qualcosa di più. Ci siamo immersi nell’ambiente circostante, nella Natura attorno. Abbiamo osservato, capito, compreso, esperito il mondo attorno a noi ascoltando avvincenti racconti, camminando sui suoi sentieri, annusando i suoi profumi, gustando le sue prelibatezze. Non siamo solo entrati in perfetta simbiosi con l’intorno, ne siamo diventati parte.
Abbiamo ripreso contatto con il Mondo, quello vero, dove l’uomo non è il centro di tutto, ma è solo una specie, una semplice specie animale, come ce se sono migliaia.
E’ stata una fantastica esperienza, immersiva, di come non ne vivevo da anni. Ero partito con l’idea di fare “il trekking più bello d’Europa” e sono tornato a casa con tutt’altro. Un qualcosa di più profondo, più vero, più autentico.
Anche le difficoltà alpinistiche che abbiamo incontrano lungo il percorso hanno assunto una diversa prospettiva. Non volevano essere delle “aggiunte” al percorso per renderlo più emozionante, più adrenalinico, più avvincente. Non era necessario. Era l’unico modo per collegare cengie o tratti di percorso altrimenti non collegabili.
Il tratto di costa tra Pedra Longa e Cala Sisine, dove si svolge il trekking, è infatti particolarmente scosceso e dirupato, con alte falesie che precipitano direttamente sul mare. Cengie e provvidenziali passaggi tra buchi naturali sulla roccia permettono generalmente di camminare agevolmente. Dove i salti non sono troppo alti ci hanno pensato i pastori a renderli percorribili, con la loro sapiente maestria. Incredibili scale fatte con rami di ginepro consentono di superare brevi dislivelli, con una tecnica che non ha eguali in tutto il mondo.
In alcuni, brevi tratti, è però stato necessario ricorrere alle tecniche alpinistiche. Brevi arrampicate si sono alternate a spettacolari calate con la corda, direttamente sopra il mare. Un connubio tra alpinismo e mare veramente singolare ed eccezionale.
Che dire ancora se non Grazie Sardegna!
E’ stata una bellissima esperienza. Ci rivedremo sicuramente presto!
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